Parole e Colori

Il cuore tra le nuvole

Di chi fosse quel Cuore color rosso fuoco sospeso tra la terra e il cielo, finora nessuno era ancora riuscito a comprenderlo veramente. Se ne stava immobile e palpitante proprio sopra il Lago Dorato, quasi fosse parte di esso, ma si poteva scorgere in lontananza da ogni punto della città. Spesso le nuvole lo avvolgevano sino a farlo scomparire, ma poi bastavano un raggio di sole o un soffio di vento per far sì che si affacciasse nuovamente.

Ogni volta che qualcuno lo intravedeva, sollevando casualmente lo sguardo poco più su del solito, immediatamente pensava di sapere a chi appartenesse. Così accadde pure a Valentina, certa che quel Cuore, così grande e allo stesso tempo così lontano, fosse fuggito dall’animo di suo figlio, abbandonandolo a giorni cupi e solitari.

In quei giorni Valentina si sentiva particolarmente giù di morale, intrappolata dalle più svariate e bizzarre paure.  Era preoccupata per il suo ragazzo. Trascorreva le giornate rivolgendogli pensieri e parole, lo osservava nel suo immobilismo di anima e corpo, lo rimproverava maldestramente nel vano tentativo di far tornare in lui un briciolo di matura ragionevolezza. Ma a nulla serviva, tutto restava immobile, come fissato su un dipinto dai toni cupi.

Un giorno, durante una delle loro discussioni che si verificavano ormai troppo frequentemente, gli chiese con un nodo in gola: “Dov’è finito il tuo Cuore?” e lui, senza nemmeno pensarci e con una sicurezza disarmante, rispose: “Sulle nuvole!”. Fu così che lei capì, o meglio, credette di capire. Corse in strada e, con gli occhi rivolti al cielo, andò alla ricerca di quel Cuore che non solo per lei, ma per tutti gli abitanti della città, era diventato una presenza familiare. Alcuni lo notavano spesso, altri solo in alcuni particolari momenti, altri ancora se ne prendevano gioco. Ma questo non era importante.

Giunta in prossimità del Lago Dorato sedette sul prato e iniziò a pregare, chiedendo che quel Cuore tornasse al proprio posto, che si ricongiungesse con il suo amato figlio. Restò lì sino al tramonto e infine tornò a casa, con un nuovo raggio di fiducia nell’animo.

Poi un giorno, uno di quei giorni che non arrivano mai per caso, accadde che Valentina incontrò Gianni, un amico di vecchia data. Si videro facendo la spesa al mercato, in mezzo alla folla distratta e, dopo essersi regalati vicendevolmente un lungo abbraccio, andarono a sedersi nel dehor di un bar vicino per bere un caffè. Parole, sorrisi e brevi momenti di vita fluirono tra loro allegramente e per Valentina fu una ventata d’aria fresca e rassicurante.

Giunto a casa, Gianni ebbe una sorta di intuizione riguardo Valentina e, poco prima di andare a dormire, decise di comunicargliela senza giri di parole. Prese il telefono e scrisse: “Mi appare chiaro che tuo figlio aspetta solo che tu stia meglio” e poi attese, fiducioso del fatto che lei avrebbe compreso.

Sempre la solita storia, pensò Valentina, dove finisce la responsabilità di una madre? Sta male lui perché sto male io? A me pare il contrario invece! Ma dopo i primi, impulsivi, istanti di disappunto, rifletté e comprese di essere parte inscindibile del cambiamento che tanto attendeva. Sì, perché indolenza, disorientamento e arrendevolezza albergavano anche nel suo amino ed era giunto il momento di prenderne coscienza.

Così fece, seppur la giusta direzione non le fosse ancora totalmente chiara.

E dopo nemmeno troppo tempo accadde che Valentina iniziò a percepire una sorta di voce lontana, indefinita e rassicurante.

Un giorno, senza quasi rendersene conto, non ebbe più bisogno di fuggire, correre e stancarsi per placare quell’angoscia opprimente che sino a poco prima l’aveva accompagnata. Grata sollevò lo sguardo in cerca del Cuore, che vide brillare in maniera insolita: delle striature d’oro simili a raggi ne definivano il contorno.

Così capì che la sua preghiera era stata esaudita, il Cuore era tornato al proprio posto, dov’era giusto che fosse.

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